Il Signore parlò ancora ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». (Is 7,10-11)
וַיּוֹסֶף יְהוָה דַּבֵּר אֶל־אָחָז לֵאמֹֽר שְׁאַל־לְךָ אוֹת מֵעִם יְהוָה אֱלֹהֶיךָ הַעְמֵק שְׁאָלָה אוֹ הַגְבֵּהַּ לְמָֽעְלָה׃
Et adiecit Dominus loqui ad Achaz dicens: “Pete tibi signum a Domino Deo tuo in profundum inferni sive in excelsum supra”.
Segno (אוֹת ʼôṯ), è un termine ebraico tradotto dalla LXX con la parola greca σημεῖον (sēmeion), che si trova anche nel Nuovo Testamento. In termini funzionali, אוֹת (ʼôṯ) indica un oggetto, un fatto o un evento in cui si dovrebbe riconoscere, discernere, ricordare o percepire intuitivamente qualcosa di credibile. L’aspetto più importante del segno (אוֹת ʼôṯ) non è il suo carattere straordinario e sensazionale, anche se presente. La sua funzione è quella di impartire conoscenza o incoraggiare una risposta nel destinatario. I segni possono essere compiuti da persone oppure si celano negli eventi, ma comunque provengono sempre da Dio e indicano la sua potenza e il suo agire. Quando Dio fa una promessa o esige qualcosa, a volte dà un segno che garantisce la sua parola. L’uomo, invece, non può pretendere un segno da Dio, però può chiederlo.
Nella lettura odierna del profeta Isaia (7,10-14), אוֹת (ʼôṯ) appare all’inizio e alla fine del dialogo tra il profeta stesso e il re Acaz, creando un’inclusione. Qual è questo segno che Dio invita Acaz a chiederglielo, e invece lui, nella sua ipocrisia, lo rifiuta e giura che non lo chiederà per non mettere Dio alla prova? La risposta a questa domanda sta nella conoscenza della storia di Israele. Dio fece una promessa al re Davide che non sarebbe mai mancato un discendente nella sua dinastia.Ai tempi di Acaz, re di Giuda, la dinastia davidica era in pericolo a causa dei re stranieri nemici che pianificavano un’invasione al regno di Giuda e di rovesciare la dinastia davidica. Il re Acaz invece di sostenere il popolo, confidando in Dio e nelle sue promesse, cercava accordi umani con i nemici davanti ai quali, inoltre, tremava di paura come “un albero al vento” (Is 7,2). Di fronte all’arroganza di Acaz, Isaia profetizza che il Signore stesso darà il segno alla casa di Davide: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, e lo chiamerà Emmanuele” (v.14). Così, Dio stesso assicurò la continuità della dinastia davidica per la sua promessa, e perché era dalla sua stirpe che in futuro sarebbe nato il Messia.
Quando, dopo secoli di turbolenta storia di Israele, la venuta del Messia viene annunciata in sogno a Giuseppe, discendente di Davide (Mt 1,20), l’evangelista Matteo assicura il lettore che “questo avvenne perché la parola del Signore, detta dal profeta, si adempisse: ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi”. Vale la pena notare che l’Emmanuele – Dio con noi, non solo inizia il Vangelo di Matteo, ma compare anche nella sua ultima frase pronunciata dal Signore Risorto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
