Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. (Is 9,1)
הָעָם֙ הַהֹלְכִ֣ים בַּחֹ֔שֶׁךְ רָא֖וּ אֹ֣ור גָּדֹ֑ול יֹשְׁבֵי֙ בְּאֶ֣רֶץ צַלְמָ֔וֶת אֹ֖ור נָגַ֥הּ עֲלֵיהֶֽם׃
Populus, qui ambulabat in tenebris, vidit lucem magnam: habitantibus in regione umbræ mortis, lux orta est eis.
Splendere (נָגַהּ nāḡah), in ebraico, è un verbo che deriva dalla radice nḡh, che indica non tanto la fonte della luce ma lo splendore che da essa ne scaturisce. Questo verbo è spesso usato insieme al sostantivo “luce” (אוֹר), che brilla e irradia (אוֹר נָגַהּ ʼôr nāḡah). Il verbo נָגַהּ (nāḡah) ricorre frequentemente nelle teofanie, ossia nelle manifestazioni di Dio. Ad esempio, in Ezechiele 10,4 la fonte della radiosità è “la gloria del Signore”, mentre il profeta Abacuc dice che la magnificenza di Dio è come la luce, e la Sua potenza è nascosta nei raggi che emanano dalle Sue mani (Abacuc, 3,4). La luce è la vita, perciò la teofania è espressione dell’azione salvifica di Dio per l’uomo.
Nella prima lettura di oggi, tratta dal Libro del profeta Isaia (8,23b-9,3), nel buio delle tenebre, privo di ogni luce, a un certo momento, brillò una luce: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce, sugli abitanti in paese tenebroso risplendette una luce» (אוֹר נָגַהּ Is 9,1). Questa è una profezia riguardante la venuta del Messia che porterà la luce alle nazioni.
L’evangelista Matteo quando racconta l’inizio dell’attività di Gesù cita proprio questa profezia di Isaia. Infatti, Gesù comincia la sua vita pubblica non a Gerusalemme o generalmente in Giudea – centro della vita religiosa degli ebrei – ma a Cafarnao, nella Galilea dei Gentili, al confine delle terre di Zabulon e Neftali (Mt 4,12-23). Gesù va dove c’è la più grande oscurità, perché è Lui la fonte di vera luce, capace di rischiarare le più fitte tenebre dalla vita umana.
