Osservare (שָׁמַר šāmar)

Tu hai promulgato i tuoi precetti perché siano osservati interamente. (Sal 119,4)

אַ֭תָּה צִוִּ֥יתָה פִקֻּדֶ֗יךָ לִשְׁמֹ֥ר מְאֹֽד

Tu mandasti mandata tua custodiri nimis.

Osservare (שָׁמַר šāmar), la radice ebraica šmr significa “osservare”, “custodire”, “vigilare”, “compiere”, “adempiere”, “rispettare” e “mantenere”, “fare qualcosa a fondo, fedelmente”. Nell’Antico Testamento, questo verbo è molto caro alla tradizione deuteronomista e ai testi da essa dipendenti. Il soggetto più comune del verbo שָׁמַר (šāmar) è l’uomo, sia come individuo che come collettivo, ma può essere sia Dio che il Suo messaggero. D’altra parte, il complemento di questo verbo può essere qualcosa di buono, un oggetto di valore. 

Nella Liturgia odierna, שָׁמַר (šāmar) compare nel Salmo responsoriale (Sal 119) e più volte in pochi versetti scelti, motivo per cui attira l’attenzione. Il Salmista esprime il desiderio di aver cura שָׁמַר (šāmar), cioè di osservare i comandamenti, gli statuti, le parole, gli insegnamenti e la Legge data all’uomo da Dio, perciò prega, chiedendogli: “Aprimi gli occhi, perché io consideri le meraviglie della tua legge… insegnami la via dei tuoi decreti… dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge e la osservi con tutto il cuore”. È molto chiaro che non si tratta di adeguarsi formalmente a qualche codice di norme, ma di un rapporto di amore per Dio, di apprezzare la sua saggezza, che si esprime nelle sue istruzioni, che sono i comandamenti. L’ammirazione per Dio si esprime proprio in questa custodia, cura e vigilanza, custodendo anche la sua Legge come qualcosa di prezioso. 

Nel Vangelo di oggi (Mt 5,17), Gesù, come il Salmista, va dritto al cuore della questione dell’osservanza della Legge, che come dice Egli «non è venuto ad abolire, ma a dare compimento». Secondo Lui le vere scelte dell’uomo non si fanno esteriormente, con le azioni, ma nel cuore. È lì che risolviamo i nostri dilemmi e le azioni sono un’espressione di ciò, che nel cuore abbiamo scelto, in cui abbiamo posto il nostro compiacimento. Come dice la Sapienza del Siracide: Dio «ti ha posto dinanzi fuoco e acqua, là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male, a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà» (Sir 15,16-17).

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