La Parola

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per moltiplicare la gioia

Pastore (רֹעֵה rō ̔ ēh)

Signore è il mio pastore: non manco di nulla. (Sal 23,1)

:מִזְמֹ֥ור לְדָוִ֑ד יְהוָ֥ה רֹ֝עִ֗י לֹ֣א אֶחְסָֽר

Dominus pascit me, et nihil mihi deerit.

Pastore (רֹעֵה rō ̔ ēh), in ebraico questa parola è il participio del verbo רָעָה “pascolare”, quindi significa “pascolante”.Questa parola deve essere completata: pascere chi? che cosa? Non c’è pastore senza il gregge che custodisce e cura. 

Nel Salmo responsoriale dell’odierna Liturgia della Parola (Sal 23), il Salmista dice: “יְהוָה רֹעִי” (YHWH rōʽî) che letteralmente significa “YHWH [è] mio pastore”. È una confessione di fede. L’autore riconosce che YHWH, il Signore, Dio di Israele è il suo pastore e nessun altro. Il pastore si prende cura di tutto il gregge, ma ogni pecora può chiamarlo “רֹעִי” (rōʽî), il mio pastore. Tutto si svolge sotto la sua cura e nulla accade al di fuori di lui, per questo nella seconda strofa del Salmo l’autore presenta l’immagine dello stare gioioso alla presenza del Signore, che prepara per l’orante la mensa abbondante, il calice traboccante di vino e l’olio con cui lo unge – simboli di ospitalità e di pienezza di vita. Vale la pena osservare che questa scena si svolge “in presenza dei nemici del Salmista”, che non possono in alcun modo nuocergli, per la presenza di YHWH. 

Il Vangelo di questa domenica (Gv 10,1-10) ci dice che il pastore entra nell’ovile per la porta,  solo il ladro vi entra con altra via. Due volte in questo brano Gesù dice di sé: “Io sono la porta delle pecore”. Tutto è nelle Sue mani, nulla accade al di fuori del Suo spazio. Egli è sia il Pastore che la Porta dell’ovile, e “ladri e briganti” non vi hanno accesso. Gesù è la fonte della pace e della sicurezza, per questo Egli dice di sé che è venuto, perché abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza.

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