Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore». (1Sam 16,7)
וַיֹּ֨אמֶר יְהוָ֜ה אֶל־שְׁמוּאֵ֗ל אַל־תַּבֵּ֧ט אֶל־מַרְאֵ֛הוּ וְאֶל־גְּבֹ֥הַּ קוֹמָתֹ֖ו כִּ֣י מְאַסְתִּ֑יהוּ כִּ֣י ׀ לֹ֗א אֲשֶׁ֤ר יִרְאֶה֙ הָאָדָ֔ם כִּ֤י הָֽאָדָם֙ יִרְאֶ֣ה לַעֵינַ֔יִם וַיהוָ֖ה יִרְאֶ֥ה לַלֵּבָֽב׃
Et dixit Dominus ad Samuelem: Ne respicias vultum eius, neque altitudinem staturæ eius: quoniam abieci eum, nec iuxta intuitum hominis ego iudico: homo enim videt ea quæ parent, Dominus autem intuetur cor.
Guardare (רָאָה rāʼâ), questo verbo in ebraico deriva dalla radice rʼh e ha molti sinonimi che esprimono la percezione della realtà attraverso la capacità di vedere. רָאָה (rāʼâ) e in ebraico significa anche “vedere”, “esaminare”, “osservare”, “percepire”, “sperimentare”, “conoscere”. A differenza di altri verbi di percezione, רָאָה (rāʼâ) descrive il processo di vedere, dove l’esperienza sensoriale e la percezione sono un’unica cosa. L’uomo vede quello che guarda e ha questa percezione. È interessante, però, che la conseguenza che avviene nell’atto stesso della percezione sia la consapevolezza, per cui il verbo רָאָה (rāʼâ) è sinonimo del verbo יָדַע (jādaʽ) “conoscere”. Infatti, l’occhio guarda ciò che è la realtà.
Nella prima lettura di oggi (1 Sm 16), possiamo accompagnare Samuele nel discernimento su chi deve essere unto il nuovo re in Israele. L’unica istruzione che ha ricevuto da Dio è il comando: «Riempi d’olio il tuo corno e va’, ti mando da Iesse di Betlemme, perché ho scelto un re tra i suoi figli» (v. 1). Il problema è che Jesse aveva otto figli. Già la prima persona che Samuele incontrò, Eliab, sembrava degna di essere l’Unto di Dio ai suoi occhi. Non sappiamo cosa piacque tanto a Samuele di Eliab, ma il Signore stesso gli diede un altro indizio: “Non guardare né il suo aspetto né all’altezza della sua statura, perché l’ho ripudiato, perché Dio non vede ciò che vede l’uomo, poiché l’uomo guarda ciò che gli occhi vedono, ma il Signore guarda רָאָה (rāʼâ) al cuore». (v. 7) E così risultò che nessuno dei figli presentati da Iesse era stato scelto dal Signore. Samuele ha ricevuto da Dio il dono di vedere la realtà più in profondità… guardare nel cuore dell’uomo? L’autore biblico non lo rivela, ma quando Davide, il figlio più giovane di Iesse, come l’ultimo si presentò davanti a lui, Samuele udì la voce di Dio: “Alzati e ungilo, perché è lui”.
Nel Vangelo di oggi (Gv 9,1-41), Gesù apre gli occhi al cieco nato. Il guarito non sa chi gli ha aperto gli occhi, ma di fronte alle domande curiose dei farisei può testimoniare che non vedeva, e ora vede. Questo è il motivo del suo rifiuto da parte dei farisei. L’uomo guarito ma rifiutato è condotto da Gesù a conoscerlo e a credere in Lui: “Io credo, Signore!”. Il cammino di fede del cieco conduce dalla vista all’incontro con Gesù, ma per credere è necessario sapere chi è Gesù.
Allo stesso modo, abbiamo anche noi bisogno non solo di una visione chiara, di una visione più profonda del “cuore della realtà” che ci circonda, ma anche di incontrare personalmente e conoscere Gesù. Solo allora possiamo accettarlo come nostro Signore. Ma resta la domanda dei farisei: “Siamo anche noi ciechi?” È facile essere ingannati dall’apparenza, vivere convinti che siamo noi che vediamo e sappiamo tutto bene, anche camminare nel buio. Tuttavia, possiamo chiedere al Signore di guarire il nostro sguardo su Dio, su questo mondo, sulle persone e su noi stessi, perché Lui è venuto nel mondo, affinché “quelli che non vedono vedano…”.
