La Parola

Nome (שֵׁם šem)

Benedetto colui che viene nel nome del Signore; vi benediciamo dalla casa del Signore. (Sal 118,26)

בָּר֣וּךְ הַ֭בָּא בְּשֵׁ֣ם יְהוָ֑ה בֵּ֝רַֽכְנוּכֶ֗ם מִבֵּ֥ית יְהוָֽה׃

Benedictus, qui venit in nomine Domini. Benedicimus vobis de domo Domini.

εὐλογημένος ὁ ἐρχόμενος ἐν ὀνόματι κυρίου· εὐλογήκαμεν ὑμᾶς ἐξ οἴκου κυρίου.

Nome (שֵׁם šem), in ebraico, è un sostantivo derivato da una radice biconsonantica, che significa non solo “nome”, ma anche “fama, reputazione o memoria”. A volte שֵׁם (šem) equivale al nome del Dio di Israele, YHWH. שֵׁם (šem) si traduce in greco ὄνομα (onoma).

L’odierno Salmo responsoriale (Sal 118) benedice Colui che “viene nel nome (שֵׁם šem) del Signore” e nella prima lettura (At 4,8-12) leggiamo le parole di Pietro, che, pieno dello Spirito Santo, dice: “sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele che nel nome (ὄνομα, onoma) di Gesù Cristo di Nazaret, che voi avete crocifisso, che Dio ha risuscitato dai morti, che per mezzo di lui quest’uomo sta davanti a te in buona salute”. Ciò significa che non sono stati gli apostoli, ma Gesù ad operare la guarigione di questo uomo, che è solo segno della potenza che sgorga dalla persona del Signore Crocifisso e Risorto. Il nome, in questo contesto, indica l’identità di Gesù stesso come salvatore, perché non in un altro nome, cioè non in un’altra persona, ma in Lui la salvezza ci è stata donata da Dio.

Nel Vangelo il Signore Gesù rivela la sua identità utilizzando l’immagine del pastore, quello buono, pronto a dare la vita per le pecore che gli appartengono. Perciò, come Egli stesso dice, nessuno gli toglie la vita, ma è Lui stesso a donarla, perché ha il potere di donare la Sua vita e di riprenderla. Tuttavia, quanto siamo consapevoli del potere che abbiamo attraverso la fede e il riconoscimento della persona di Gesù come Salvatore?

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