La Parola

Assistere (עזר῾āzar)

Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare deluso. (Is 50,7)

וַאדֹנָ֤י יְהוִה֙ יַֽעֲזָר־לִ֔י עַל־כֵּ֖ן לֹ֣א נִכְלָ֑מְתִּי עַל־כֵּ֞ן שַׂ֤מְתִּי פָנַי֙ כַּֽחַלָּמִ֔ישׁ וָאֵדַ֖ע כִּי־לֹ֥א אֵבֹֽושׁ׃

καὶ κύριος βοηθός μου ἐγενήθη, διὰ τοῦτο οὐκ ἐνετράπην, ἀλλὰ ἔθηκα τὸ πρόσωπόν μου ὡς στερεὰν πέτραν καὶ ἔγνων ὅτι οὐ μὴ αἰσχυνθῶ.

Dominus Deus auxiliator meus; ideo non sum confusus, ideo posui faciem meam ut petram durissimam et scio quoniam non confundar.

Assistere (עזר῾āzar), questo verbo, che significa anche “aiutare, sostenere, venire in soccorso”, nel suo significato elementare evoca l’immagine della protezione, come indica anche il sostantivo ῾ăzarâ, che significa “recinto, cornice” . Spesso il soggetto di questo verbo è Dio e l’oggetto, invece, l’uomo che Egli sostiene.

La disponibilità del Servo sofferente del Signore ad accettare i colpi che gli sono stati inferti, come ci dice l’odierna prima lettura (Is 50,5-9), ha la sua sorgente non nel coraggio del Servo, non nella sua determinazione umana, ma nel sostegno e nell’aiuto che egli riceve da Dio: “Il Signore Dio mi assiste (עזר῾āzar), perciò sono insensibile agli insulti…”.

Un atteggiamento simile nei confronti della sofferenza assume Gesù, secondo il Vangelo di oggi (Mc 8,27). A Cesarea di Filippo Gesù per la prima volta annuncia ai suoi discepoli la sua passione, morte e risurrezione. Gesù ammonisce Pietro, che da un lato confessa che Gesù è il Messia, ma dall’altro si ribella alla notizia della sua futura sofferenza, perché, come dice Gesù, non pensa secondo Dio, ma secondo gli uomini. Questo accade anche nella nostra vita quando nel confronto alla sofferenza ci affidiamo solo alle nostre forze e non assumiamo la prospettiva di Dio, non ci fidiamo totalmente di Lui, sapendo che Egli ci sostiene (עזר ῾āzar).

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